Paradiso: Canto XXIII

Come l'augello, intra l'amate fronde,
posato al nido de' suoi dolci nati
la notte che le cose ci nasconde,

che, per veder li aspetti disiati
e per trovar lo cibo onde li pasca,
in che gravi labor li sono aggrati,

previene il tempo in su aperta frasca,
e con ardente affetto il sole aspetta,
fiso guardando pur che l'alba nasca;

cosi` la donna mia stava eretta
e attenta, rivolta inver' la plaga
sotto la quale il sol mostra men fretta:

si` che, veggendola io sospesa e vaga,

Paradiso: Canto XXII

Oppresso di stupore, a la mia guida
mi volsi, come parvol che ricorre
sempre cola` dove piu` si confida;

e quella, come madre che soccorre
subito al figlio palido e anelo
con la sua voce, che 'l suol ben disporre,

mi disse: e non sai tu che 'l cielo e` tutto santo,
e cio` che ci si fa vien da buon zelo?

Come t'avrebbe trasmutato il canto,
e io ridendo, mo pensar lo puoi,
poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto;

nel qual, se 'nteso avessi i prieghi suoi,
gia` ti sarebbe nota la vendetta

Paradiso: Canto XXI

Gia` eran li occhi miei rifissi al volto
de la mia donna, e l'animo con essi,
e da ogne altro intento s'era tolto.

E quella non ridea; ma >,
mi comincio`, fu Semele` quando di cener fessi;

che' la bellezza mia, che per le scale
de l'etterno palazzo piu` s'accende,
com'hai veduto, quanto piu` si sale,

se non si temperasse, tanto splende,
che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore,
sarebbe fronda che trono scoscende.

Noi sem levati al settimo splendore,

Paradiso: Canto XX

Quando colui che tutto 'l mondo alluma
de l'emisperio nostro si` discende,
che 'l giorno d'ogne parte si consuma,

lo ciel, che sol di lui prima s'accende,
subitamente si rifa` parvente
per molte luci, in che una risplende;

e questo atto del ciel mi venne a mente,
come 'l segno del mondo e de' suoi duci
nel benedetto rostro fu tacente;

pero` che tutte quelle vive luci,
vie piu` lucendo, cominciaron canti
da mia memoria labili e caduci.

O dolce amor che di riso t'ammanti,

Paradiso: Canto X

Guardando nel suo Figlio con l'Amore
che l'uno e l'altro etternalmente spira,
lo primo e ineffabile Valore

quanto per mente e per loco si gira
con tant'ordine fe', ch'esser non puote
sanza gustar di lui chi cio` rimira.

Leva dunque, lettore, a l'alte rote
meco la vista, dritto a quella parte
dove l'un moto e l'altro si percuote;

e li` comincia a vagheggiar ne l'arte
di quel maestro che dentro a se' l'ama,
tanto che mai da lei l'occhio non parte.

Vedi come da indi si dirama

Paradiso: Canto IX

Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
m'ebbe chiarito, mi narro` li 'nganni
che ricever dovea la sua semenza;

ma disse: >;
si` ch'io non posso dir se non che pianto
giusto verra` di retro ai vostri danni.

E gia` la vita di quel lume santo
rivolta s'era al Sol che la riempie
come quel ben ch'a ogne cosa e` tanto.

Ahi anime ingannate e fatture empie,
che da si` fatto ben torcete i cuori,
drizzando in vanita` le vostre tempie!

Ed ecco un altro di quelli splendori

Purgatorio: Canto XXVIII

Vago gia` di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch'a li occhi temperava il novo giorno,

sanza piu` aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d'ogne parte auliva.

Un'aura dolce, sanza mutamento
avere in se', mi feria per la fronte
non di piu` colpo che soave vento;

per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u' la prim'ombra gitta il santo monte;

non pero` dal loro esser dritto sparte

Purgatorio: Canto XXVII

Si` come quando i primi raggi vibra
la` dove il suo fattor lo sangue sparse,
cadendo Ibero sotto l'alta Libra,

e l'onde in Gange da nona riarse,
si` stava il sole; onde 'l giorno sen giva,
come l'angel di Dio lieto ci apparse.

Fuor de la fiamma stava in su la riva,
e cantava 'Beati mundo corde!'.
in voce assai piu` che la nostra viva.

Poscia anime sante, il foco: intrate in esso,
e al cantar di la` non siate sorde>>,

ci disse come noi li fummo presso;

Purgatorio: Canto XVII

Ricorditi, lettor, se mai ne l'alpe
ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe,

come, quando i vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi;

e fia la tua imagine leggera
in giugnere a veder com'io rividi
lo sole in pria, che gia` nel corcar era.

Si`, pareggiando i miei co' passi fidi
del mio maestro, usci' fuor di tal nube
ai raggi morti gia` ne' bassi lidi.

O imaginativa che ne rube

Purgatorio: Canto XVI

Buio d'inferno e di notte privata
d'ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant'esser puo` di nuvol tenebrata,

non fece al viso mio si` grosso velo
come quel fummo ch'ivi ci coperse,
ne' a sentir di cosi` aspro pelo,

che l'occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s'accosto` e l'omero m'offerse.

Si` come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida,

m'andava io per l'aere amaro e sozzo,

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